La latteria di via Brandizzo

 

 

A Torino, al numero 29 di via Brandizzo, , c'è un negozietto piccolo piccolo, in cui oggi opera un'agenzia di assicurazioni. Lì, fino a pochissimi anni fa, si vendevano latte e formaggi.

Sull'insegna c'era scritto "Latteria Viano Virginio", ma per tutti era semplicemente la bottega di Giulia e Ginio. Tutti in Barriera, invece di dire, ad esempio: «Vado a comperare il latte», dicevano semplicemente: «Vado da Giulia».

La nonna mi raccontava che nei tempi antichi, quando uomini e animali parlavano tra di loro, non c'era tutta la delinquenza d'oggidì ed i malandrini non pensavano tanto ai portafogli altrui, ma piuttosto alla propria pancia, che spesso era desolatamente vuota. Diceva nonna: «L'unica cosa che a nessuno mancava era il bisogno, perchè di bisogno ne avevano tutti a bizzeffe!»

Tra tutti questi briganti da due soldi, i più intraprendenti erano senza dubbio la Volpe e il Lupo. Questi due poveracci erano anche tanto birbanti perchè si trovavano, il più delle volte, a stomaco assolutamente ed inesorabilmente vuoto. Dal momento che di lavoro non ne volevano neanche sentir parlare, non avevano mai l’ombra di un soldo in tasca e così andavano spesso a rubacchiare insieme.

Una sera i due bricconi avevano deciso di andare a cena proprio da Giulia.

Erano proprio stufi di rubare insalata e zucchine negli orti delle Basse di Stura, anche perchè tutta questa verdura la gradivano proprio poco... come spesso diceva la Volpe, con atteggiamento da saggio: «Tra frutti e verdurine... preferisco le galline!». Ma non succedeva certo che le galline piovessero dal cielo: quei tre o quattro polli che si vedevano nelle cascine dei dintorni non erano facili da acchiappare, a stomaco vuoto, ed erano sempre guardate a vista da certi cani brutti come iene e feroci come leoni.

La Volpe diceva: «Quando non si possono far galoppare i cavalli, si fanno trottare gli asini!»

E il Lupo: «Giusto… ma che significa?»

«Se non possiamo mangiare tacchini e capponi, accontentiamoci di latte e formaggio… sempre meglio di spinaci e carciofi… Io ne ho abbastanza di sfamarmi a verdure!»

«Anch’io!… Basta, andare per orti!… Se non abbiamo gli involtini, andiamo a rubare i tomini!… Hai visto che li so anch’io, i proverbi?»

Così, ispezionati i dintorni della cascina Colletta – ma anche lì non c’era granchè da sgranocchiare -, appena scesa la sera, passando vicino alla “Manifattura Tabacchi” e poi alla chiesa di San Gaetano, si erano incamminati lungo via Brandizzo.

Giunti dinanzi al negozio di Giulia, si era ormai fatta notte, e la Volpe aveva cominciato a controllare che tutto fosse tranquillo.

«Cosa fai, stupida!» diceva il Lupo «Che t’importa… se anche ci fosse qualcuno, noi siamo in due! E giovani e forti! Siamo in grado di darle a chiunque!»

«Gli uomini sono furbi… Bisogna stare attenti!»

«Ma non farmi ridere!… Tu sei la Volpe: chi vuoi che sia più furbo di te?…» ed era subito andato sicuro verso la porta per entrare… ma era saldamente chiusa: prova e riprova, spingi e tira, ma quella dannata porta non si apriva. La Volpe, dall’altra parte della strada, osservava con un briciolo di compassione quello sciocco del suo socio, ma quando questi cominciò a fare troppo rumore, corse subito a fermarlo.

«Smettila, imbecille! Non vedi che è chiusa a chiave?… Che vuoi fare? Svegliare tutto il quartiere?… Passeremo di lì!» e gli indicò un buco, grande come una zucca, con una ventola, al di sopra della porta, che serviva al ricambio dell’aria nel locale.

Smontata la ventola, si infilarono nel buco, prima uno e poi l’altro.

Cose da pazzi!… In quella bottega c’era tutto ciò che si può desiderare! Tome e tomini, latte e latticini, formaggi e formaggini…

Il Lupo cominciò subito con una forma di fontina: la leccava come fosse un bastoncino di liquirizia e la baciava come fosse la sua fidanzata. La Volpe aveva trovato un secchiello di mascarpone: intingeva le dita e poi leccava tutta felice… ma ogni tanto tornava a salire in cima alla porta, si infilava nel buco della ventola, usciva e poi rientrava, tornando a mangiare dal secchiello.

«Si dice che tu sia tanto furba, ma sei solo una stupida!» disse il Lupo «Cosa vai a sbirciare, là fuori? Non perdere tempo, che non arriva nessuno!… Pensa piuttosto a riempirti la pancia, che chissà quando ci capita di nuovo una cosa simile!» e giù, un bel morso alla robiola.

Ma la Volpe assaggiava un pezzettino di gorgonzola, leccava un po' di burro, poi provava ad uscire dal buco e di nuovo entrava più svelta che poteva. Quando si accorse che lo stomaco cominciava ad essere troppo gonfio e che ormai riusciva a malapena a passare attraverso il foro, smise di mangiare: «Basta!… Andiamocene, che altrimenti non riusciremo più ad uscire…»

«Ma sta un po' zitta, stupida!» diceva l'altro «Figuriamoci se lascio questo paradiso!…»

Il Lupo, per giungere ad afferrare del cibo su un ripiano troppo alto, salì sopra a due o tre forme di parmigiano, mise un piede troppo vicino al bordo e stava per cadere, così pensò di aggrapparsi alla mensola e andò a gambe all'aria, trascinandosi dietro tutto lo scaffale pieno di merci varie, causando un fracasso incredibile.

«Smettila di far baccano, cretino!» gli ringhiò la Volpe.

Il socio la compativa: «Ma chi vuoi che ci senta, a quest'ora della notte!… Bella amica… invece di chiedere se mi son fatto male…»

Ma non sapeva, il Lupo, che i due lattai spesso si fermavano a passare la notte dormendo nella stanzetta del retrobottega. Tutto ad un tratto la porticina a lato del banco vendita si spalancò e Ginio, armato di bastone, piombò nel negozio. Aveva sentito il chiasso che aveva fatto quel ladro crollando a terra con tutta la scaffalatura, ed ora aveva l'aspetto di chi ha una gran voglia di menare le mani.

La Volpe, non appena lo vide, si infilò nel buco sopra la porta e, in un lampo, sparì veloce come un fulmine.

Anche il Lupo: con un gran balzo si tuffò nel foro, ma - per la miseria! - quando fu il momento di far passare la pancia, si accorse che era troppo piena e che era diventata assai più larga del passaggio. Rimase lassù, al di sopra della porta, a penzoloni, testa fuori e coda dentro.

Appena Ginio gli arrivò vicino, cominciò a picchiargli il sedere col bastone, con tutta la forza che aveva.

«Volpe! Dove sei andata?» urlava il Lupo da lassù «Vienimi ad aiutare! Tirami giù di qui!… Traditrice!… Maledetta!…», ma la Volpe certamente non lo sentiva più: chissà dov'era a quest'ora. E Ginio, da dietro, bastonava, batteva, pestava quanto più poteva.

Alla fine si sentì un gran botto: il bastone si era rotto! Ma nello stesso momento il Lupo era finalmente riuscito a passare attraverso il buco ed era caduto pesantemente a terra, lasciando sul marciapiede una mezza dozzina di denti. Subito fuggì via il più rapidamente possibile, anche se sentiva un dolore atroce al fondoschiena per le bastonate, alla testa per la botta sul marciapiede ed alla pancia, che era piena da scoppiare.

La Volpe, che - ben distante - aveva seguito tutta la scena, cominciò a preoccuparsi, vedendo il Lupo che arrivava verso di lei come una furia, anche se zoppo e sanguinante. Si tuffò in un cespuglio di corniolo e schiacciandone le bacche e strofinandosele addosso, si camuffò in modo da sembrare piena di ferite.

Allorché il Lupo le giunse vicino, la apostrofò duramente: «Non mi hai aiutato! Ora vedrai quante ne prendi! Ti faccio vedere io come si trattano gli amici! Ti spezzo le ossa!»

Ma la Volpe non lo lasciò neanche finire: uscì dall'ombra, tutta gobba, piangendo.

«Povera me, che dolore!… Che ti credi… ha preso anche me… Guarda come sanguino… Non riesco neanche più a camminare!… Ho male dappertutto…»

Intanto, il lattaio, gettato il bastone rotto, aveva preso una scopa ed era uscito in strada, tutt'altro che soddisfatto della botte già somministrate.

Subito, il Lupo: «Scappiamo, presto! Corri! Stavolta se ci prende ci ammazza!»

«No… non ci riesco…» piangeva quella bugiarda della Volpe «Via tu… salvati… non pensare a me… lasciami qui…»

Così andò a finire che quello sciocco credulone del Lupo si caricò la Volpe sulle spalle e la portò via di peso, pur essendo lui stesso tutto tumefatto.

L'altra, sbirciando dalla sua postazione sulle spalle del Lupo, vedeva Ginio che non arrivava a raggiungerli, ma, dal momento che la posizione era comoda e riposante, gridava: «Dài, sbrigati! Non ti voltare! Più in fretta, che sta guadagnando terreno!» e intanto canticchiava: «Che strano, che strano, il malato porta il sano!… Che strano, che strano, il malato porta il sano!…»

Povero babbeo di un Lupo: che vitaccia, per un po' di robiola!

 

 

                                                                                               Gianni Marietta